Come la Prima Rivoluzione Industriale si focalizzò sulle modalità con cui sostituire la manodopera umana per rendere la produttività più efficiente, oggi le reti e l’informatica in generale puntano a fare lo stesso per quanto riguarda “il cervello”.
Non deve, quindi, spaventare questa transizione, che è parte della linea evolutiva della società, ma bisogna camminare con essa, per scoprire quali saranno i mestieri che cambieranno, come lo faranno e di quali figure il mondo del prossimo futuro avrà bisogno. È questo il segreto di una innovazione vissuta in maniera positiva.
D’altro canto, la sostanza non cambia: se l’uomo si trasformò, nel Settecento, da bracciante a progettista di macchine (ed è proprio da lì che sarebbero, poi, nati ingegneri, meccanici etc), oggi deve diventare qualcuno che non abbia problemi ad interagire con l’intelligenza artificiale, i computer o l’Internet of Things, magari specializzandosi proprio in qualche utilizzo particolare o studiando come lavorare su questi sistemi.
Insomma, quella che per molti è identificata come una crisi del lavoro è, in realtà, solo una fase di passaggio nella quale impareremo a capire, via via, dove si raggrupperanno le posizioni vuote (o da creare) e quali saranno le skills da acquisire.
Uno scenario che si ripete
Quanti mestieri sono scomparsi nell’arco dell’ultimo secolo?
Ogni città potrebbe citarne qualcuno e verrebbero compilati elenchi con centinaia di nomi. Anche nell’era della digitalizzazione stiamo assistendo ad uno scenario molto simile: basti pensare al fatto che tutte le informazioni da catalogare e conservare non hanno più bisogno della carta stampata e di quegli enormi faldoni che riempivano intere scaffalature, ma di un semplice hard disk.
E c’è molto di più.
I processi produttivi e la vita stessa dei prodotti appaiono incredibilmente brevi rispetto al passato e la sharing economy sta trasformando il concetto di “possesso” in “utilizzo”: i viaggi in automobile, gli abbonamenti ai canali streaming e alle piattaforme di videogaming e tantissimo altro ancora vengono sempre più spesso condivisi tra più persone, qualcosa di estremamente nuovo anche guardando a soli 15 anni fa.
Sono le abitudini sociali a fare il mercato; ed è proprio su questa scia che anche le imprese hanno qualcosa da imparare: saper fare innovazione, oggi, significa essere sistemi aperti verso l’esterno, in grado di interagire con altre realtà e diventare anche multitasking allargando ramificazioni alle startup, agli enti di formazione e persino ai competitor. La parola d’ordine è “contaminazione” per dare vita a degli ambienti profondamente creativi e stimolanti, ma anche competitivi in modo sano e proficuo.
Sarà grazie ad aperture come queste che le aziende del futuro prospereranno.