Abitudini social: confronto tra Millenials e Z Generation

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Millennials e Generazione Z: non ci sono così tanti anni di differenza tra loro, eppure le relative abitudini social cambiano molto.

Sarà perché i primi sono nati in un’epoca dove internet non era ancora alla portata di tutti, sarà perché i giovanissimi hanno la possibilità di interagire con smartphone e device di ogni tipo praticamente sin da subito, ma sembra proprio che si tratti di due mondi paralleli, che si influenzano, ma molto diversi.

Millennials e Z Generation: chi sono?

Facciamo, innanzitutto, il punto della situazione.

I Millennials identificano, più o meno, tutti i nati verso la fine dello scorso millennio, tra gli anni ’80 e ’90.

La Generazione Z, invece, viene definita anche Post-Millennials proprio perché racchiude tutte le generazioni successive, limitandole al 2015.

Si capisce, quindi, che stiamo parlando di due fette di società molto diverse (in alcuni casi, persino in rapporti di genitori-figli) ma, allo stesso tempo, con tanti punti in comune, soprattutto se andiamo ancora più indietro nel tempo ad altre generazioni come quella dei Baby Boomers (in gran parte, genitori dei Millennials).

Abitudini social

Qualche tempo fa ci eravamo soffermati sull’analisi del coinvolgimento di Millennials e Post-Millennials rispetto alle pagine e agli account aziendali dei brand: da una ricerca fatta nel 2018 dal Global Web Index è uscito fuori che i più giovani preferiscono seguire attori famosi e VIP, con 1 Millennial su 4 che asserisce di aver visitato la pagina social di un brand nell’ultimo mese contro le stime sulla Generazione Z che parlano di 1 su 5.

Da lì, lo step verso l’influencer marketing (antipatico a molti, ma che coinvolge proprio anche personaggi famosi) è breve, perché è una strategia che mira a far evitare che i brand perdano terreno e bacino d’utenza con le nuove generazioni.

Anche se le differenze sono minime, infatti, non bisogna dimenticare che i Gen Z racchiudono circa 2 miliardi di persone e sono importantissimi, sotto questo profilo, proprio perché nativi digitali, cioè nati già con le moderne tecnologie sotto il naso: i social hanno smesso di avere quell’accezione prettamente “spensierata” che avevano all’inizio; oggi su Facebook e Instagram ci sono molte persone che passano il tempo a rilassarsi, ad aggiornarsi sulle notizie del giorno o a flirtare, certo, ma tantissime altre si appassionano a marchi, storie aziendali e progetti e, letteralmente, comprano, diventando non solo follower ma anche clienti o potenziali clienti su cui investire.

In particolare, gli acquisti targati Gen Z riguardano, perlopiù, abbigliamento, estetica, hobby, divertimento, cellulari, trasporti, videogiochi, app, giochi, riviste e cibo, prediligendo quello healthy al junk e restando, quindi, molto fedeli ad esperienze positive già fatte e poco attratti da offerte o sconti.

Incrociando dati provenienti da una serie di altri studi, poi, si è scoperto che lo smartphone è utilizzato dai più piccoli soprattutto per giocare e dai più grandi per interazioni sociali legate alla sfera personale o al lavoro: addirittura, il cellulare è diventato il modo per connettersi con il mondo anche quando si è dinanzi alla Tv (per esempio, commentando su Twitter trasmissioni televisive in diretta), motivo che spinge brand a creare contenuti che catturino l’attenzione sin primi istanti… pena lo scroll e l’oblio. La soglia di attenzione dei Gen Z, infatti, pare sia di soli 8 secondi, abituati come sono ad essere bombardati di messaggi pubblicitari e a compiere valutazioni istantanee e fugaci.

Ma ci sono tante altre differenze da considerare.

Ad esempio, quando si parla delle piattaforme di streaming (come Netflix), la Generazione Z le vede come un’occasione per condividere qualcosa con gli amici, mentre i Millennials come un momento da godersi in solitudine, fermo restando che i primi utilizzano, in media, addirittura 5 dispositivi per connettersi (smartphone, desktop, notebook, Tv e tablet) mentre i Millennials, in passato, ne avevano a disposizione solo 3. Comunicare bene in maniera visuale, quindi, diventa fondamentale. La maggiore predisposizione alla condivisione e all’esperienza diretta dei Gen Z si mostra anche con l’altissima percentuale di preferenze per i centri commerciali, poiché si può approfittare, ad esempio, di aree dedicate allo sport, all’ascolto di musica, alla prova di dispositivi tech etc. Sembra incredibile, quindi, come l’e-commerce potrebbe non rappresentare una minaccia per gli store fisici, almeno stando alle stime riguardanti i più giovani, attentissimi anche alla questione ambientale, come anticipato.

Insomma, grazie al fatto che “il mondo è bello perché è vario“, ogni settore può investire al meglio in base al target e all’obiettivo prefissato, ma bisogna conoscere molto bene le generazioni di potenziali clienti da “accalappiare” perché tutto venga fatto in maniera funzionale e consapevole.

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